L’ulivo ha rappresentato nei secoli per gli abitanti della Bassa Valle del Tanagro una risorsa importante. Non abbiamo documenti che attestino che nella vallata l’ulivo venne introdotto dagli antichi Greci. Certamente fu introdotto dalla popolazione autoctona che conobbe la pianta dai Greci di Poseidonia o dagli Etruschi intorno al V sec. a.C.

Sappiamo, per il rinvenimento archeologico di frantoi in pietra per la molitura delle olive in alcune ville rustiche del comprensorio (contrada Vagni e contrada Mattina/Limitoni nel Comune di Auletta e contrada Vittimose nel Comune di Buccino) che intorno al I--II e III sec. d. C l’olivicoltura nella Bassa Valle del fiume Tanagro, soprattutto alla sua destra, ebbe una discreta fortuna. Con le invasioni barbariche venne meno la efficiente amministrazione romana che controllava la commercializzazione delle derrate alimentari e quindi dell’olio di oliva e delle olive appassite al sole che dovevano soddisfare le esigenze dell’Urbe e dell’esercito che nel III-IV sec. raggiunse le 400 mila unità. I romani erano ghiotti di olive. Con un pugno di olive i legionari facevano marce estenuanti. Le mangiavano come noi oggi mangiamo le noccioline. Con l’avvento delle invasioni barbariche venne meno il lavoro degli schiavi e venne meno la commercializzazione dell’olio che indusse i grossi latifondisti della vallata ad abbandonare i loro poderi ed ad inurbarsi. I proprietari terrieri rimasti sostituirono la produzione olivicola con quella cerealicola. La Lucania e la Campania divennero le terre frumentarie di Roma.

L’ulivo non venne più coltivato, si inselvatichì e morì. Rimasero pochi alberi per le esigenze delle sparute famiglie contadine che, dopo la guerra greco-gotica e la peste detta di Giustiniano, abitarono nella vallata. Con l’avvento dei Longobardi la produzione olivicola peggiorò perché la popolazione della vallata si rifugiò a Lontrano, abbandonando i territori alla destra del Tanagro.

Del resto i Longobardi non fecero alcunché per migliorare l’olivicoltura nella vallata perché questo popolo, di origini nordiche, prediligeva il lardo e lo strutto. La nostra vallata fu invasa da alberi di quercia e di castagno necessarie per l’allevamento di suini. Le cose cambiarono con lo stabilirsi nella valle dei monaci basiliani e successivamente, nel 1034 di una consistente popolazione di lingua e di cultura greca che fuggiva dalla Calabria in seguito alle incursioni degli arabi stanziati in Sicilia. Furono loro che cominciarono a piantare qua e là alberi di ulivo. L’olio serviva non solo per l’alimentazione ma anche per le pratiche liturgiche: cresima, estrema unzione, ordinazione sacerdotale e per l’illuminazione delle tante chiesette che vennero erette nella vallata. Fin dall’antichità l’olio ha assunto una valenza sacra insieme all’albero che lo produceva. Tuttavia, la trasformazione del paesaggio della vallata dal boschivo all’olivetato richiese secoli. Dalle pergamene greche che interessano la Bassa Valle del Tanagro, circa 32, distribuite in un arco temporale che va dal 1092 al 1181, si evince che gli atti notarili di compravendita di terre tra privati o le donazioni di terre al Monastero di Santa Maria di Pertosa e al Monastero di S. Andrea di Auletta sono relative a vigneti, frutteti, castagneti, terreni irrigui. In nessun documento si dona, si vende o si compra un uliveto. Il che conferma che nella vallata l’olivicoltura non era assolutamente diffusa nel XII secolo. Solo a partire dal XV-XVI secolo l’olivicoltura si incrementerà ma dovremo aspettare la nascita della industrializzazione nel 700 per cominciare ad intravedere nella vallata il paesaggio che percepiamo oggi. Infatti, Carlo III di Borbone promise ai latifondisti una speciale riduzione delle tasse se sui loro terreni fosse stato coltivato l’olivo. L’olio veniva esportato in Inghilterra ed utilizzato nelle industrie meccaniche e tessili ed in Francia per produrre il famoso sapone di Marsiglia. Solo nella metà del settecento, quindi, gli uliveti in formazioni compatte cominceranno ad occupare estensioni notevoli del territorio della Bassa Valle del Tanagro. L’olio che veniva prodotto nel settecento, ottocento, fino alla prima metà del secolo scorso non poteva considerarsi olio extra vergine di oliva. L’olio risultava di cattivo odore con una acidità elevata a causa del tipo di raccolta che lasciava le olive sul suolo a fermentare ed imputridire. Oggi ad Auletta è cresciuta l’attenzione alla qualità. Le olive vengono raccolte direttamente dagli alberi e i produttori si adoperano ad esaltare sempre più la qualità del prodotto. La corretta gestione delle tecniche colturali e la raccolta delle olive direttamente dalla pianta fanno sì che l’olio della vallata sia un olio di alta qualità con un tasso di acidità vicino allo 0. Tale impegno lavorativo gravoso ma svolto con passione e competenza dovrebbe apportare all’agricoltore un reddito più equo.

 

Luigi Langone, Medico prestato alla storia per pura passione. Aulettese.

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